I rischi del bipolarismo

Domande che bisogna iniziare a farsi

Abbiamo provato sicuramente un senso di sollievo alla notizia che in Austria vinca un ex socialdemocratico, ora ambientalista, di antiche simpatie liberali ed europeiste, piuttosto che il candidato dell’estrema destra nazionalista. Il voto austriaco dimostra come sia ancora possibile arginare le pulsioni xenofobe del nostro continente e sconfiggerle. Tuttavia la responsabilità che pesa sul nuovo presidente Van der Bellen è enorme, lo testimonia il minimo scarto che lo separa dal suo rivale come dall’abisso in cui tutta l’Europa potrebbe essere inghiottita a cominciare dalle insidie del referendum su Brexit. Anche dall’altra parte dell’Atlantico, sta avvenendo qualcosa di preoccupante, causa un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, capace di lasciare interdetto e contrariato il suo stesso partito. La famiglia Bush, piuttosto che sostenere Trump, ha già fatto sapere che voterà Illary Clinton. Gli stessi capi del partito repubblicano si sono dissociati da un candidato del loro partito dato oggi dai sondaggi come vincente. Il bipartitismo statunitense si rivelerebbe inadeguato, come il bipolarismo europeo, una autentica trappola. Gli assertori del sistema elettorale maggioritario erano convinti di risolvere i problemi di governabilità del nostro Paese. Cosa possibile se gli schieramenti contrapposti, o i due partiti contrapposti, condividessero per lo meno dei valori comuni. Ecco invece che gli stessi valori di riferimento sono divergenti, con Trump in America, come con i nazionalisti da noi. Si chiamino Hofer, Le Pen, Salvini, Petry, la sostanza cambia poco, sono i volti e le sigle della fine dell’Unione europea. Se tutti gli stati disponessero di un sistema proporzionale il rischio sarebbe assorbito. La Germania ha imparato la lezione del 1933 e socialdemocratici e cattolici collaborano fra loro per isolare nuove avventure senza ritorno, ma con lo sbarramento al 5 per cento domani potrebbero dover rimpiangere il concorso dei liberali tedeschi per arginare la AfD. Dove poi proprio non ci sono gli anticorpi del proporzionale, tutto può accadere, persino che l’elettorato socialista in Francia si sposti sulla Le Pen al doppio turno, in odio al ritorno gollista, o viceversa. Che vi siano dei problemi evidenti anche in Italia lo si capisce dalla scelta del partito liberale che sostiene la candidatura a sindaco di Giorgia Meloni a Roma. Come è possibile che il Pli, fiero avversario del centrodestra di Berlusconi, si sia messo a correre con il partito di Gianni Alemanno a Roma? E nel caso in cui la Meloni arrivasse al ballottaggio a danno della lista Marchini, cosa farebbe Berlusconi? Potrebbe mai sostenere l’avversario del suo potenziale alleato? Se Giorgia Meloni arriva al ballottaggio ecco che si formerebbe per la prima volta in Italia il destra centro, rispetto a Milano dove Parisi è il vecchio centrodestra, e sarebbe il destra centro a trovare il concorso del partito liberale. Potrebbe mai il partito repubblicano sostenere un destra centro, dopo aver lasciato Berlusconi cinque anni fa? E potrebbe mai il Pri restare estraneo ad una contesa, che riprodotta sul piano nazionale, comprometterebbe l’avvenire dell’Italia in Europa? Sono domande che bisogna iniziare a farsi e a cui dare una risposta per tempo.

Roma, 24 maggio 2016